MARGONARA

QUELLE CAVE DI CONFINE E LA CONFESSIONE DI UN PESCATORE:

“SI CHIUDEVA IL BUCO CON DELLA ROBACCIA SOTTO”

Qui un pescatore ha visto scaricare nelle cave rifiuti di ogni sorta: i camion arrivavano la notte e si svuotavano, poi le ruspe coprivano tutto con il terreno nascondendo ogni traccia. Per tanti anni non ha parlato e ora vuole assolutamente rimanere anonimo

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DA UNA VOCE NARRANTE

Al momento nessun coinvolgimento della cooperativa CMR (Cooperativa Muratori Reggiolo) in attività illecite è stato accertato in sede giudiziaria, né l’azienda è stata oggetto di indagine o procedimento penale per i fatti raccontati in questa testimonianza
LA CONFESSIONE
Qui il Fiume c’è, ma non si vede.In questo pezzo di pianura padana, coperta di vigne e campi di granoturco, secoli e secoli fa scorreva il vecchio corso del Po. Il “Po vèc”, come lo chiama in dialetto la gente del posto. Ora il letto del fiume ha preso nuove direzioni, ma ha lasciato come segno del suo passaggio la sabbia: tantissima sabbia, finissima, la migliore per l’edilizia. Siamo a 15 chilometri dal letto del Fiume, alla “Margonara”: a metà tra le province di Reggio Emilia e Mantova.

Qui dagli anni ’90 le ditte locali hanno scavato sabbia per le costruzioni. Fino ad oggi, con le nuove autorizzazioni a scavare in vista della nuova autostrada Cispadana. Ma le cave sono per lo più in disuso. Qualcuna aspetta di essere bonificata, qualcuna ha ripreso vita e, grazie a volontari, è diventata un’oasi aperta a tutti. Un esempio di riqualificazione riuscita in cui la terra viene restituita ai suoi cittadini con piante, piste ciclabili e, addirittura, un lago per le gare internazionali di modellini su acqua.
le mani sul fiume cave
Catia Silva mostra un pezzo di cemento misto a polistirolo sulla sponda di una cava in disuso
“La riqualificazione delle cave? È quello che sogniamo da anni.” Racconta Catia Silva, ex consigliere comunale a Brescello, da tempo attiva su tematiche ambientali. “Ma bisogna stare attenti, perché in queste zone anni fa ci si è scaricato di tutto: scarti di edilizia, tubi, olii, gomma”, racconta sulle sponde di una cava in disuso, indicando grossi pezzi di cemento misto a polistirolo accanto a laterizi. “Lavoro nell’edilizia e questi scarti risalgono a una decina di anni fa. Erano anni di costruzioni selvagge, abbattimenti di case coloniche ed era un mondo che non veniva controllato. Bonifichiamo, ma sotto cosa resta?”
Anche qui, come spesso accade nelle aree di escavazione, siamo in zona di confine: due cave adiacenti, due regioni differenti, due diverse legislazioni. Una zona d’ombra, in cui spesso i controlli latitano. Al via dei lavori la Provincia di Mantova e il Comune di Gonzaga avevano stipulato una convenzione per la vigilanza sulle attività estrattive, impegnandosi a effettuare controlli a cadenza mensile. A oggi risultano verbalizzati solo quattro controlli in oltre dieci anni.
le mani sul fiume cave
A qualche chilometro dalla Margonara, c’è un pescatore del posto che ha visto camion arrivare la notte e scaricare rifiuti, per poi attivare le ruspe e coprire tutto con uno strato di terra. Sono passati diversi anni ma non ne ha mai parlato con nessuno e vuole assolutamente rimanere anonimo. “Faccio fatica a parlarne ancora oggi, incredibile come molti abbiano potuto non vedere quel che accadeva. La nostra cooperativa lavorava in quelle zone, eppure nessuno ha mai detto nulla”. La coop di cui parla è la Cmr di Reggiolo, attiva nell’edilizia fino al 2012: anno in cui finisce in concordato preventivo, affossata dalla crisi delle costruzioni, bruciando 49 milioni di prestito sociale. Più di 2mila soci vedono sfumare i loro risparmi. In un paesino di 9mila abitanti, significa che un quarto degli abitanti aveva messo i suoi soldi lì. “Non sto accusando la cooperativa di quei fatti, ma mi chiedo come nessuno abbia mai denunciato tutto questo.”
le mani sul fiume
Nonostante questo, qui è dura ammettere quello che è stato permesso con leggerezza, quello che in tanti abbiamo visto fare ai nostri campi senza dire nulla. Ma ora voglio raccontare. Credo ancora nella cooperazione, ma senza un esame di coscienza è impossibile ripartire.
le mani sul fiume
“La Pianura Padana è uno scrigno per l’economia, ma lo paghiamo tutto quello che di bello produciamo. Rimane tutto qui, in questa conca e ne paghiamo le conseguenze senza che ce ne accorgiamo. È che siamo come il fiume Po, abbiamo una capacità di rigenerarsi incredibile.” Lui l’ha visto il Fiume, nel 2010, quando stava arrivando la macchia nera di petrolio dal Lambro: era sulla sua barca e ha pensato che fosse finita. “Mi veniva da piangere. E invece lui con la sua forza incredibile si è ripulito in un attimo, l’acqua si è schiarita. Sembrava un miracolo. Ma quella macchia nera, non è scomparsa nel nulla. Si è solo spostata, verso la foce, verso il mare. Capisci cosa voglio dire?”
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