Dentro al business dell'oro grigio

lungo le rive del Po

INTRO
Il Grande Fiume. Sponde fatte di uomini, di personaggi, di lavoratori. Con la sabbia del Po si sono costruite le città, le strade che hanno unito l’Italia. Ormai però è un ecosistema fragile: non piove per mesi, lasciando i campi a secco, e poi ad un tratto l’acqua invade le golene, raggiungendo le case e facendo crollare gli argini. È come il corpo di un uomo, con tutta la sua forza e la sua fragilità. Se è sano, nulla lo potrà toccare. Ma se è malato per esempio, anche una zolletta di zucchero potrà trasformarsi in veleno.

Questa è una mappa di zollette di zucchero, una piccola geografia di quel che non ha funzionato. È la storia dell’oro grigio del Po e di chi ha scavato troppo, di terre che sprofondano. Degli affari che hanno intorbidito le acque del Fiume, di chi vuole raccontare qualcosa cercando di ripulirle. Una storia che riguarda un piccolo lembo di terra, ma che potrebbe ripetersi altrove, dal Monviso al Polesine, dicendo un po’ di quello che noi siamo. E portandolo, con la sua corrente, verso la Foce.
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DENTRO L'INCHIESTA
Ecco il lato nascosto dell’oro grigio, da una parte all’altra del Fiume: i rifiuti gettati in acqua, sperando che la piena inabissasse ogni cosa, e quelli “tombati” nelle cave esaurite; i camion delle cosche che hanno attraversato la pianura con carichi fuori norma frodando il fisco; i milioni di metri cubi di inerti estratti senza autorizzazioni e svenduti sotto costo, “drogando” gli equilibri del mercato; i danni ambientali irreversibili e la scarsità plateale di controlli da parte di chi doveva vigilare e talvolta non lo ha fatto.
le mani sul fiume cave
mani sul fiume

Cava Caselli

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