I NUMERI DELLE CAVE

SCAVARE, CHI CI GUADAGNA

IL CONTESTO
Gesso, argilla, calcare. Ma prime fra tutte ci sono sabbia e ghiaia. In Italia si è scavato dappertutto, dal Friuli alla Sicilia. Secondo l’annuale Rapporto Cave di Legambiente, le cave attive sul territorio sarebbero 4.753. Quelle dismesse quasi 14mila. Nonostante la crisi dell’edilizia abbia ridotto notevolmente la portata delle attività estrattive, i numeri sono ancora molti alti e portano con sé pesanti ripercussioni sull’ambiente e il paesaggio.

A regolare un settore così delicato come quello delle escavazioni, a livello nazionale, è ancora un Regio decreto di Vittorio Emanuele III del 1927, che non tiene conto in alcun modo degli impatti provocati sul territorio. In molte Regioni, a cui sono stati trasferiti i poteri in materia nel 1977, il quadro normativo è inadeguato, la pianificazione è incompleta e la gestione delle attività estrattive manca di controlli pubblici trasparenti. “L’assenza di piani è preoccupante – denuncia il dossier di Legambiente - perché lascia tutto il potere decisionale in mano a chi concede l’autorizzazione. Pensiamo agli interessi che la criminalità organizzata ha nella gestione del ciclo del cemento, possiamo immaginare quanto sia rischiosa la mancanza di regole.” La situazione migliora salendo verso il centro-nord, dove il quadro normativo è quasi completo: “Diventa delicata però, quando si progettano infrastrutture. In quel caso anche le Regioni provviste di piani chiudono un occhio e spesso escono dalle previsioni, davanti alla tentazione di strade e ferrovie.”
le mani sul fiume cave
CHI CI GUADAGNA?
Solo nel 2015 sono stati estratti 53 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia. Numeri impressionanti, ma a guadagnarci non è di certo lo Stato. Il canone di concessione pagato da chi scava nelle Regioni italiane si aggira in media intorno al 2,3% del prezzo di vendita. In Gran Bretagna non si può scendere per legge sotto al 20%. Pensiamo poi che in Valle d’Aosta e Sardegna si scava gratis, altrove la sabbia si “regala” per pochi centesimi al metro cubo. Insomma, davanti ai milionari guadagni delle aziende estrattrici, gli introiti dai canoni sembrano essere a dir poco irrisori. Di certo insufficienti a sostenere le spese di messa in sicurezza del territorio e di bonifica ambientale, successivi allo sfruttamento delle cave.
le mani sul fiume cave
Dati e numeri dal Dossier Cave di Legambiente
IL FUTURO DELLE CAVE?
Un’economia circolare. Per Legambiente l’obiettivo è ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave sull’ambiente. “Un’utopia? No, è possibile” È il messaggio lanciato dal Rapporto Cave di Legambiente. Serve però una politica incisiva di tutela del territorio, una tassazione adeguata e un canone minimo per le concessioni, il recupero obbligatorio delle cave dismesse. Ma soprattutto una legge nazionale che incentivi la strada del riciclo: in Paesi come la Danimarca lo sfruttamento delle cave è stato ridotto attraverso l’impiego dei rifiuti inerti provenienti dalle costruzioni, che può sostituire fino al 90% dell’utilizzo di sabbia o ghiaia.