IL MAGISTRATO DEL PO

CHI GOVERNA IL GRANDE FIUME

IL CONTESTO
Da sempre il Grande Fiume si è presentato agli occhi di chi lo governa come come una bestia imponente e difficile da domare: 652 km di lunghezza che si snodano lungo quattro regioni, 141 affluenti e oltre 1000 km km di arginature in un bacino che comprende 3210 comuni italiani. Dopo la disastrosa alluvione del 1951, nacque il Magistrato per il Po : un ente con sede centrale a Parma, con poteri di intervento su tutto il fiume, dal Monviso all’Adriatico.

Alla fine degli anni 90' il Magispo viene disciolto e nel 2003 nasce per volontà delle quattro regioni interessate (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) l'Agenzia Interregionale per il fiume Po , l’AIPO: l’istituzione “fluviale” per eccellenza che realizza opere pubbliche per la difesa idraulica, cura il demanio pubblico idrico e gestisce gli eventi estremi e il servizio di piena, si occupa della manutenzione degli argini cercando di prevenire le alluvioni.
le mani sul fiume cave
L’obiettivo di Aipo è quello di coordinare e integrare gli interventi di manutenzione e di messa in sicurezza del Grande Fiume: il Po da Moncalieri al Mare Adriatico, e molti tratti degli affluenti. Spesso la sfera di competenza è frammentata tra una miriade di enti dai nomi più disparati: dal Comune alla Provincia, dalla Regione all’Autorità di Bacino o al Consorzio di Bonifica. Talvolta un vero groviglio amministrativo, in cui a distanza di pochi chilometri si trovano autorità e legislazioni differenti. “Aipo nasce per considerare il bacino del Po nel suo insieme – spiega il direttore Bruno Mioni - spesso un tratto di argine è sotto il controllo di un comune, mentre solo dieci metri più in là la competenza è della Provincia, magari anche di una Regione differente. Il rischio alluvioni, per definizione, non è mai eliminabile del tutto: il nostro compito è di ridurlo al minimo mantenendo in efficienza le opere di difesa esistenti e realizzandone di nuove".
Anche per quanto riguarda le cave su tutto il corso del fiume la legislazione è quanto più varia: la pianificazione delle attività estrattive è diversa da Regione a Regione. A volte spetta alle Province, a volte è in capo ai singoli Comuni. In Piemonte e Veneto non esistono perlopiù Piani Cave locali. In Emilia-Romagna e Lombardia invece le autorizzazioni per le escavazioni sono pianificate dalla Provincia che, attraverso il PIAE o PPAE, stabilisce quanto si può scavare e dove, in base al fabbisogno e ai vincoli ambientali. Alcuni limiti sono stabiliti dalla legge, molti altri sono “scelti” dai tecnici delle singole Province, che possono decidere se attenersi solo ai limiti legislativi o se andare oltre, valutando l’impatto ambientale in maniera più scrupolosa.
le mani sul fiume
Quando pianifichiamo gli scavi teniamo conto dell’impatto ambientale anche al di là del confine di nostra competenza ma a livello amministrativo e di controllo il confine regionale tra una cava e l’altra è come una cortina di ferro: due mondi separati, ognuno risponde ai suoi limiti e alle sue autorizzazioni.
le mani sul fiume
Geologo provincia, settore attività estrattive