BRESCELLO

LO SBARCO DELLA 'NDRANGHETA NEL PAESE DI PEPPONE E DON CAMILLO.

E LA STORIA DI DONATO, IL VIGILE CHE SCRIVEVA TROPPO

Donato Ungaro fa il vigile urbano a Brescello, primo comune emiliano sciolto per mafia. Ma quando si mette in testa di fare il giornalista e filma le escavazioni abusive nel letto del Fiume, iniziano i problemi e per lui arriva la lettera di licenziamento

LA STORIA
Donato Ungaro fa il vigile urbano, ma ha il tarlo della notizia. Abita a Brescello e divora i libri di Guareschi. La Gazzetta di Reggio ha bisogno di un corrispondente in riva al Po e lui è perfetto: scrive come una scheggia e, come ogni vigile che si rispetti, conosce il paese come le sue tasche. Il sindaco Ermes Coffrini non ha nulla in contrario e Donato comincia a mandare i suoi pezzi in redazione. Ma i problemi arriveranno quasi subito.

Siamo nel 2002 e Brescello non è più solo la piazza di Don Camillo e Peppone, con la chiesa da un lato e di fronte la vecchia sede del Pci. Il paese si è riempito di nuove imprese edili cutresi e si costruisce a ritmi vertiginosi: le tangenziali, la Cispadana, la Tav. Spunta un quartiere di villette, che tutti scherzosamente chiamano “Cutrello”, perché tutti gli imprenditori calabresi abitano lì. Compreso Francesco Grande Aracri, il fratello maggiore del boss della ‘ndrangheta cutrese Nicolino Grande Aracri.
le mani sul fiume cave
Donato Ungaro al lavoro durante la piena del 2000 (Foto Ermes Lasagna).
Serve tanta sabbia per l’edilizia e in molti di notte scavano illegalmente nel letto del fiume. Alcune imprese estraggono abusivamente in Po e Donato filma tutto. La Gazzetta pubblica: capocronista è Antonio Roccuzzo, giornalista catanese che ha imparato il mestiere da Giuseppe Fava, e capisce subito a Brescello che aria tira. Il video, dove si vede la draga in azione in una giornata di neve, finisce in Procura. Qualche giorno dopo qualcuno taglia le gomme dell’auto di Donato, per due volte di fila, la notte, proprio davanti alla caserma. Intanto un uomo lo avvicina e, con il sorriso sulle labbra e accento calabrese, lo esorta a lasciar perdere, a scrivere d’altro.
le mani sul fiume
La domanda di inerti era troppo alta e le concessioni non erano in grado di garantire l’approvvigionamento delle ditte. Tutti scavavano abusivamente. Ma quando si realizzano opere pubbliche, ci si chiede da dove può arrivare tutta questa sabbia?
le mani sul fiume
Però lui, a smettere di scrivere, non ci pensa proprio. Questa volta pubblica un articolo su un progetto di una centrale elettrica a turbogas , su cui avevano messo gli occhi anche gli imprenditori di “Cutrello”. Dopo che la storia finisce sul giornale, si temporaggia, l’affare salta. E a Donato arriva una lettera di licenziamento: “Divulga notizie riservate del Comune”, la motivazione ufficiale del sindaco di Brescello. Tra le righe, vede troppo e parla troppo. Una falsità, secondo la Cassazione, che in sentenza definitiva ha dichiarato ingiusto il suo licenziamento e ha obbligato il Comune al suo reintegro, con un risarcimento che sfiora i 300mila euro.
le mani sul fiume cave
Ora Donato abita a Bologna e fa l’autista di autobus. Non è ancora stato reintegrato. Quattordici anni dopo la pubblicazione dei suoi articoli, il Comune di Brescello è stato sciolto per infiltrazione mafiosa: “Forme di ingerenza della criminalità organizzata avrebbero esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti”, si legge in una sentenza del Tar di quest’anno. È la prima volta che accade una cosa del genere in Emilia-Romagna. Il paesino di Don Camillo e Peppone (dicono le carte dei processi Edilpiovra e Aemilia) è diventato la base operativa dei clan per quanto riguarda il riciclaggio di denaro e il traffico di droga. Alla vigilia dello scioglimento il sindaco di Brescello Marcello Coffrini difende Francesco Grande Aracri, parlando di lui come di “un uomo tranquillo, una brava persona”. Marcello è figlio di Ermes: quello stesso Ermes Coffrini che non molti anni prima aveva licenziato Donato, il vigile-giornalista che scriveva troppo.
TORNA ALLA MAPPA