CAVA CASELLI

DENTRO LA CAVA: UNA RIQUALIFICAZIONE TANTO ATTESA E IL “TENAX” DELLA DISCORDIA

Per far passare i camion carichi di sabbia, a Cava Caselli è stata costruita una strada utilizzando il Tenax: scorie di acciaieria, un materiale che altrove è finito al centro di inchieste giudiziarie. I cittadini vogliono sapere se qui sta inquinando le falde e i terreni. Ci hanno accompagnato a vedere cos’è e dove si trova

LA DENUNCIA
Ad un primo sguardo sembrano sassi scuri, quasi neri. Ma in controluce brillano come metalli e hanno una superficie porosa e ruvida, come quella delle pietre vulcaniche dell’Etna. Con la pioggia e il passare del tempo molti frammenti sono diventati color ruggine e hanno assunto il colore del rame, che si mostra quando gratti via lo strato di terra che a volte gli si è aggrappato intorno. È fatto così qui il Tenax, che è un nome commerciale per indicare le scorie di acciaieria: i resti della lavorazione dell’acciaio industriale. Un materiale che, se trattato adeguatamente, può essere utilizzato per sottofondi e rilevati stradali nelle grandi opere pubbliche, sotto l’asfalto di tangenziali e autostrade.

Cosa ci fa il Tenax a Cava Caselli?A Viadana il Tenax ci è arrivato nel 1999, quando la Bacchi spa di Boretto, colosso reggiano del movimento terra, cominciò l’escavazione di sabbia, con una regolare autorizzazione della Regione Lombardia. Il progetto prevedeva il trasporto del prodotto escavato prevalentemente via fiume, tramite bettoline. Le cose però sono andate diversamente: per portare i propri mezzi pesanti nell’area la ditta ha dovuto costruire delle rampe di accesso alla cava. Perché i camion potessero passare carichi di tonnellate di sabbia, serviva che il terreno venisse stabilizzato e rinforzato. Ed è qui che è entrato in gioco il Tenax. Nel 2006 la cava ha terminato la sua attività e le draghe hanno smesso di funzionare. Per la riqualificazione dell’area, a carico della ditta escavatrice, ci sono voluti dieci anni. Ora Cava Caselli è un’oasi naturale rigogliosa, dentro al Parco protetto dell’Oglio. Il Tenax “della discordia” invece è ancora lì.
le mani sul fiume cave
LA PAURA DEI CITTADINI
“Le scorie inquinano il terreno e le falde”, dicono i cittadini riuniti nel comitato Terre di Zara, che per anni ha chiesto la riqualificazione ambientale della cava. “Ci dicono che questo materiale è stato deferrizzato e reso inerte, ma invitiamo tutti a guardare questi pezzi dalle forme contorte e arrugginite e dirci se riescono ad esserne così sicuri.” Nel 2002 l’Arpa ha prelevato dei campioni di Tenax e li ha analizzati: i valori di alluminio, antimonio e piombo superavano i limiti di legge. Il suolo invece presentava sforamenti dei parametri di cadmio, nichel e zinco. L’Arpa non ha ordinato la rimozione del materiale ma ha chiesto al Comune l’installazione di due pozzi piezometri per controllare la qualità dell’acqua nella falda e verificare il livello di contaminazione. I due pozzi, però, a distanza di 15 anni non sono mai stati posizionati. “Siamo in un parco naturale – continuano i cittadini - a pochi metri dal Po e a due passi dai campi agricoli. Non stiamo accusando nessuno, ma vogliamo solo sapere se queste scorie sono inquinanti, se sono un rischio per la nostra salute".
IL PARERE DELL’IMPRENDITORE
Il titolare della ditta escavatrice, dalla sua, non ha dubbi: “Il materiale non ha problemi”, sostiene Claudio Bacchi. “Dodici anni fa sono stati fatte le verifiche richieste e il Tenax poteva essere usato come sottofondo stradale. Le direttive europee ci chiedono di utilizzare materiale di recupero e la legge prevede l’utilizzo delle scorie per lavori di questo tipo”. La legge a cui ci si riferisce è la legge Ronchi del 2015, che ha sdoganato l’utilizzo delle scorie come materiale di riciclo da usare al posto della ghiaia in natura. La scoria ora deve essere inertizzata in stabilimenti appositi, certificati secondo regolamenti europei, e sottoposta al test di cessione per essere utilizzata senza necessità di altre lavorazioni. Quello che chiedono gli ambientalisti di Terre di Zara è di conoscere il grado di sicurezza delle scorie di Cava Caselli, prodotte nel 1999 (ben sedici anni prima della legge Ronchi), quando i regolamenti europei in materia erano ancora scarsi e i controlli meno serrati.
Le altre inchieste: l’acciaio tossico sotto la BreBeMi. Non è la prima volta infatti che scorie di questo tipo finiscono al centro di inchieste giudiziarie. Il caso più eclatante è quello della BreBeMi (l’autostrada che collega Brescia, Bergamo e Milano) e della tangenziale bresciana di Orzivecchi. Nel 2011 finisce in manette l’imperatore bergamasco delle costruzioni Pierluca Locatelli. L’accusa? Quella di aver interrato sotto la superstrada lombarda oltre 180mila metri cubi di scorie di acciaieria non trattate. Il processo scoperchia quella che molti hanno chiamato la “Terra dei fuochi del Nord”: chilometri deserti di asfalto, usati per smaltire scorie non inertizzate e rifiuti molto più pericolosi.

È anche per questi precedenti che i cittadini di Terre di Zara, hanno presentato un esposto in Procura. Per sapere la verità sul Tenax di Cava Caselli bisognerà aspettare la fine delle indagini. Intanto, pochi giorni dopo la consegna dell’esposto, gli agenti del Noe (Nucleo operativo ecologico), sono entrati negli uffici del Comune e hanno prelevato tutti i faldoni di documenti, in grado di raccontare qualcosa di più su questa storia.

Il Comune di Viadana è stato contattato più volte nel tentativo di fissare un incontro, ma non abbiamo ricevuto risposta.
TORNA ALLA MAPPA